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Abecedaire de Camille, Reflets de Soie, 2011 |
Kathe Kollwitz

Kathe Kollwitz, è una delle artiste che più mi emozionano; i suoi disegni e le sue sculture mi coinvolgono particolarmente per intensità e drammaticità con una forza espressiva notevole. Così studiandola meglio l'ho annoverata ormai tra i miei artisti preferiti.
Kathe nasce in una famiglia di predicatori che le danno un'educazione molto rigida e cresce nei quartieri operai della Prussia di fine ‘800, a stretto contatto col socialismo progressista e la vita dura ma dignitosa dei lavoratori; proprio uno dei suoi grandi meriti fu quello di illustrare questa classe sociale non con pietà o commiserazione ma sottolineandone il potenziale umano.
Artisticamente apprende subito quelle tecniche come xilografia, litografia e stampa che si avvicinano più alla resa grafica del disegno che era la sua espressione più congeniale: i temi le venivano suggeriti soprattutto dagli eventi di quegli anni legati alle lotte sociali, come la rivolta dei tessitori della Slesia o la guerra dei contadini di cui si fa interprete.
Spiega la sua presa di posizione così: "Il vero motivo per cui scelsi di rappresentare quasi esclusivamente la vita dei lavoratori fu che i motivi scelti in questo ambiente offrivano, in modo semplice e assoluto, quello che sentivo come bello. Solo più tardi, quando conobbi, soprattutto grazie a mio marito, il peso e la tragicità dell'infimo livello di vita dei proletari, quando conobbi donne che venivano da mio marito in cerca d'aiuto, e, occasionalmente, anche da me, mi toccò con grande incisività il destino del proletariato".
Agli inizi del ‘900 si sposta a Parigi (dove impara a scolpire) e Firenze; durante la prima guerra mondiale vive il dramma della perdita di uno dei due figli, al quale dedicò un monumento alla memoria di cui ho potuto vedere i bozzetti. In effetti la maternità è uno dei suoi temi, ma sempre trattato con pathos drammatico, mai con gioia.
L’impegno nell’arte e nella politica la portano ad aderire al movimento espressionista della “Secessione” berlinese e ad iscriversi al Partito Socialista tedesco, confermando in ogni ambito il suo rifiuto del conformismo rigido ed accademico e la sua tendenza rivoluzionaria. Ma se trova sempre più consensi all’estero, in patria, all’avvento del nazismo, viene posta all’indice, le viene impedito di esporre e solo la fama acquisita internazionalmente per i suoi meriti artistici la salva dalla deportazione. L’ultima guerra sarà anche il periodo peggiore per lei, perde il marito e il nipote prediletto, cade in una profonda depressione e la sua arte si fa sempre più disperata e drammatica, ma sempre con la precisa volontà di urlare al mondo il suo rifiuto della violenza e dei crimini contro l’essere umano, in particolare contro le donne.
Vive i suoi ultimi anni sfuggendo alla persecuzione nazista e muore due settimane prima di vedere la fine della guerra. Negli ultimi decenni la Kollwitz è stata sempre più rivalutata in Germania, arrivando ad essere uno dei personaggi simbolo della storia di Berlino, con musei, vie e piazze, francobolli, monete e medaglie a lei dedicate dal suo paese.
Come Frida Kahlo, ha lavorato molto su se stessa, ponendo la sua condizione di donna osteggiata ma determinata e di madre sofferente come altro cardine delle sue opere, oltre all’impegno politico e sociale. Realizzò anche un centinaio di autoritratti, e spesso si ritraeva pensante e dolorosa con la mano sulla fronte.
Diceva di sé: "Io voglio che la mia arte serva a uno scopo. Voglio agire sul mio tempo".
"Non ho mai lavorato a freddo, ho sempre lavorato col mio sangue"
Io più di tutto preferisco i suoi disegni.. ecco due autoritratti, uno giovanile e uno più maturo
Kathe nasce in una famiglia di predicatori che le danno un'educazione molto rigida e cresce nei quartieri operai della Prussia di fine ‘800, a stretto contatto col socialismo progressista e la vita dura ma dignitosa dei lavoratori; proprio uno dei suoi grandi meriti fu quello di illustrare questa classe sociale non con pietà o commiserazione ma sottolineandone il potenziale umano.
Artisticamente apprende subito quelle tecniche come xilografia, litografia e stampa che si avvicinano più alla resa grafica del disegno che era la sua espressione più congeniale: i temi le venivano suggeriti soprattutto dagli eventi di quegli anni legati alle lotte sociali, come la rivolta dei tessitori della Slesia o la guerra dei contadini di cui si fa interprete.
Spiega la sua presa di posizione così: "Il vero motivo per cui scelsi di rappresentare quasi esclusivamente la vita dei lavoratori fu che i motivi scelti in questo ambiente offrivano, in modo semplice e assoluto, quello che sentivo come bello. Solo più tardi, quando conobbi, soprattutto grazie a mio marito, il peso e la tragicità dell'infimo livello di vita dei proletari, quando conobbi donne che venivano da mio marito in cerca d'aiuto, e, occasionalmente, anche da me, mi toccò con grande incisività il destino del proletariato".
Agli inizi del ‘900 si sposta a Parigi (dove impara a scolpire) e Firenze; durante la prima guerra mondiale vive il dramma della perdita di uno dei due figli, al quale dedicò un monumento alla memoria di cui ho potuto vedere i bozzetti. In effetti la maternità è uno dei suoi temi, ma sempre trattato con pathos drammatico, mai con gioia.
L’impegno nell’arte e nella politica la portano ad aderire al movimento espressionista della “Secessione” berlinese e ad iscriversi al Partito Socialista tedesco, confermando in ogni ambito il suo rifiuto del conformismo rigido ed accademico e la sua tendenza rivoluzionaria. Ma se trova sempre più consensi all’estero, in patria, all’avvento del nazismo, viene posta all’indice, le viene impedito di esporre e solo la fama acquisita internazionalmente per i suoi meriti artistici la salva dalla deportazione. L’ultima guerra sarà anche il periodo peggiore per lei, perde il marito e il nipote prediletto, cade in una profonda depressione e la sua arte si fa sempre più disperata e drammatica, ma sempre con la precisa volontà di urlare al mondo il suo rifiuto della violenza e dei crimini contro l’essere umano, in particolare contro le donne.
Vive i suoi ultimi anni sfuggendo alla persecuzione nazista e muore due settimane prima di vedere la fine della guerra. Negli ultimi decenni la Kollwitz è stata sempre più rivalutata in Germania, arrivando ad essere uno dei personaggi simbolo della storia di Berlino, con musei, vie e piazze, francobolli, monete e medaglie a lei dedicate dal suo paese.
Come Frida Kahlo, ha lavorato molto su se stessa, ponendo la sua condizione di donna osteggiata ma determinata e di madre sofferente come altro cardine delle sue opere, oltre all’impegno politico e sociale. Realizzò anche un centinaio di autoritratti, e spesso si ritraeva pensante e dolorosa con la mano sulla fronte.
Diceva di sé: "Io voglio che la mia arte serva a uno scopo. Voglio agire sul mio tempo".
"Non ho mai lavorato a freddo, ho sempre lavorato col mio sangue"
Io più di tutto preferisco i suoi disegni.. ecco due autoritratti, uno giovanile e uno più maturo


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Donna con bambino morto |
la pittura...
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Lavoratori di ritorno a casa alla stazione Lebrter |
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Sommossa |
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Stupro |
quest'ultima vista dal vero, è di fortissimo e sconvolgente impatto
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Parenti addolorati |
questa realizzata per il monumento funebre del figlio
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